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1970 - Auto nuova

Le stanze dei ricordi - Racconti nefrologici > Livello 11



"Auto nuova"

Maggio 1970






Conobbi il prof. V. il 20 ottobre del 1966.

In quell'epoca era ancora molto solida la struttura baronale della medicina universitaria.
Era impossibile allora prevedere che di lì a pochi anni la solidità della gerarchia dei principi della medicina potesse venire scossa dalla rivoluzione giovanile del '68.

Il prof. V. era un assistente universitario "anziano", alla corte del prof. G. C. D., signore incontrastato e direttore della Clinica Medica dell'Università agli Studi di Torino.
A lui era stata affidata la direzione di un piccolo numero di persone che si occupavano dei problemi renali. I pazienti da loro seguiti potevano essere ricoverati in quattro camere da tre letti ciascuna, due stanze per gli uomini e due per le donne, nella corsia del terzo piano della Clinica Medica.
Il terzo piano era considerato il piano nobile della Clinica, quello più moderno, governato da una caposala, suor E., che insieme ad un'altra suora, suor G., caposala al piano terreno della radiologia e degli ambulatori e tenutaria della cassa entrate per le prestazioni ambulatoriali e per i ricoveri nel reparto pensionanti paganti in proprio, erano il braccio armato del direttore, temute ed ossequiate anche dagli aiuti medici più anziani.

Il prof. V. si era laureato in medicina nel 1948 ed aveva iniziato la sua carriera universitaria presso l'Istituto di Patologia Medica, in via Genova, trasferendosi poi, nel 1958, insieme al prof. G.C.D. ed alla sua corte, all'Istituto di Clinica Medica di corso Polonia, subentrando al prof. B..

Era ben consapevole della sua autorità sul gruppo di lavoro da lui diretto ed amava emergere sui suoi collaboratori anche su particolari marginali.

Amava definirsi un buon guidatore d'automobili ed era solito vantarsi della sua capacità di guida veloce, citando come non bisognasse guardare l'auto che precedeva, ma puntare l'occhio su due o tre auto avanti, nelle manovre di sorpasso. Non gli dispiaceva che i suoi collaboratori avessero auto meno importanti della sua. In quel periodo possedeva una vecchia Lancia Flavia.

Io, al mio arrivo in clinica possedeva una modesta Fiat Cinquecento ed il divario era rispettato.

Nel marzo del 1970 diedi fondo a tutti i risparmi della condiscendente amorevole madre per comprarmi una sfavillante Alfa Romeo 1300 GT Junior, di un vistoso color giallo ocra.

Pur abitando ad un isolato dall'ospedale, un giorno di primavera di quell'anno, venni a lavorare in auto, posteggiandola sulla rampa dell'istituto di Clinica Medica, casualmente due auto avanti al posto dove anche il prof. V. aveva parcheggiato la sua.

Quel giorno, uscendo per il pranzo, incontrai il mio capo nell'atrio prospiciente il parcheggio.
Scambiando qualche parola di circostanza, ci avviammo verso le nostre automobili.
All'inizio della discesa della rampa, data l'ora avanzata, si scorgevano solo più due vetture parcheggiate.

Vedendomi proseguire nella stessa sua direzione, il prof. V., giunto vicino alla sua vecchia auto, scorgendo parcheggiata più avanti solo l'altra auto nuova di zecca, pensando di fare una battuta spiritosa, mi apostrofò dicendo: "è quella la sua automobile?"
Annuii e mi diressi proprio verso quella vettura. Il professore ridacchiò salutandomi.
Non aveva ancora aperto la portiera che mi vide estrarre le chiavi ed entrare effettivamente nell'automobile indicata. La sorpresa lo paralizzò e disse solo: "ma è la sua per davvero?". Fingendo noncuranza e disinvoltura, abbassai il finestrino, annuii sorridendo salutandolo, misi in moto e partii.

Alla prima curva notai il prof. V., con la bocca semiaperta, bloccato dall'incredulità, seguirmi con lo sguardo.

Il giorno dopo seppi che l'argomento col quale intrattenne tutti i suoi collaboratori fu lo stupore per aver visto il "suo" tecnico con un'auto più bella della sua, non capacitandosi come avesse fatto a comprarla, dato il modesto salario con il quale era retribuito. Pochi giorni dopo sostituì la sua vecchia e gloriosa auto, della quale era sino allora soddisfatto, con una nuova fiammante Lancia Trevi, che gli consentì di riguadagnare il primato perduto.


Michele Rotunno


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