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Partenza per Firenze

Le stanze dei ricordi - Racconti nefrologici > Livello 11



Si parte per il congresso!  Ma nessuno sa dove il congresso si tenga!


A Torino e poi in viaggio per…?, seconda metà degli anni ‘70

Si era, nel reparto di nefrologia dell’ospedale Molinette di Torino, al termine di una lunga e convulsa mattinata di lavoro quando, improvvisamente – come sempre - il Grande Capo mi fermò a metà corridoio dicendomi in fretta e con tono d’urgenza un qualcosa come:
“Allora, Giachino, stasera verso le 18 c’è una riunione scientifica molto importante. Mi hanno invitato ma non posso parteciparvi per altri impegni: vada lei al mio posto. Rientra domani e mi riferisce”.
Mentre Lui già si allontanava lungo il corridoio della corsia, io riuscii a dirgli solamente:
“Mi scusi, professore… ma dove…?”, ma non potei terminare la frase, poiché Lui si voltò con aria chiaramente infastidita e mi rispose in tono imperativo, prima di voltarmi di nuovo le spalle ed allontanarsi verso il suo studio:
“E chieda al dottor P*, che sa tutto e verrà con lei!”.
Mi resi conto di trovarmi, e non era la prima volta, in una di quelle tipiche situazioni in cui non c’era assolutamente null’altro da fare che obbedire, ed obbedire subito.
Cercai il dottor P., cioè Alfonso, il depositario del segreto circa la nostra destinazione, destinazione che, vista la frase detta dal Capo “..rientra domani e mi riferisce”, deducevo essere lontana da Torino, ma scoprii che non era in ospedale per un giorno di riposo o di ferie. Allora telefonai di fretta a casa, parlai con mia moglie Clotilde (deduco da questo ricordo che la cosa dovette verosimilmente accadere nel periodo in cui lei era in congedo per la gravidanza o il puerperio), le dissi di gettare un po’ di biancheria in una valigia e le chiesi di farmi il favore di telefonare lei stessa – io avevo ancora un paio di malati da visitare in ospedale - ad Alfonso, per dirgli di contattarmi telefonicamente a casa di lì ad un’ora, al fine di concordare il piano d’azione e quindi partire.
Quando arrivai trafelato a casa la valigia era pronta e Clotilde mi riferì di aver chiamato Alfonso, ma di aver trovato solo sua moglie, che si era presa a sua volta l’incarico di avvertire il marito non appena lui fosse rientrato, cosa che sarebbe avvenuta in breve tempo, poiché egli era uscito solo per una breve commissione.
Ebbi il tempo di apprendere tutto ciò che già il campanello di casa suonava, dato che Alfonso, messo dalla moglie al corrente della situazione e anche lui perfettamente conscio che in un caso come quello era vitale dimostrare obbedienza “pronta, cieca ed assoluta”,  aveva semplicemente fatto che proseguire per casa mia. Cinque minuti dopo eravamo già in viaggio sulla mia auto, io al volante e lui accanto a me, diretti verso la tangenziale.
Ora, si dà il caso che, una volta entrati sulla tangenziale, si renda necessario scegliere la direzione da prendere, per cui, in vista dell’ingresso dell’autostrada, io chiesi ad Alfonso:
“Dove devo andare?”
Gettandomi nella confusione più totale e nel più nero sconforto, lui mi rispose:
“Beh..., se non lo sai tu..”
Il povero Alfonso era completamente all’oscuro di tutto, eccetto di quel poco appreso da sua moglie per tramite della mia… Appurammo un seguito che il Grande Capo mi aveva fatto il suo nome intendendo dire – come faceva spesso – quello di un altro…
E adesso? Eravamo già sulla tangenziale, non esistevano ancora i telefonini cellulari.. Che fare? Ci fermammo a un autogrill, comprammo una scheda telefonica e chiamammo l’ospedale chiedendo del Capo, pregando dentro di noi che non si incavolasse troppo.
Ma il Capo non c’era più, era uscito dall’ospedale, e noi potemmo parlare solo con un collega, che si informò e ci riferì di aver appreso da qualcun altro che sì, il Capo quel giorno avrebbe dovuto recarsi dalle parti di Firenze per un convegno, ma che aveva dovuto rinunciare ed aveva incaricato qualcun altro di andare al suo posto, questo era tutto quel che sapeva.
Quel “qualcun altro” incaricato dal Capo eravamo noi! Presi dal panico – Firenze era lontana, erano già le due del pomeriggio e temevamo di non giungere in tempo per l’ora fatidica, le 18 – ripartimmo immediatamente.
Il resto del viaggio fu un delirio di tratti percorsi a 140 chilometri all’ora, ripetute fermate ad altrettanti autogrill ed altrettante convulse telefonate all’ospedale Molinette di Torino, dalle quali apprendemmo – a piccole dosi frazionate e ripetute – dapprima la località precisa del convegno, a metà strada circa tra Firenze e Siena, poi la natura del convegno e gli argomenti che vi sarebbero stati trattati, ed infine, finalmente, la sede del convegno stesso, l’albergo destinatoci ed i relativi indirizzi.
Arrivammo appena in tempo, dopo di che, fortunatamente, tutto filò liscio. Ce l’avevamo fatta! Ce l’avevamo fatta, nonostante fossimo partiti per un convegno senza sapere assolutamente dove si teneva!
Una cosa da vero e proprio “Guinness dei Primati”.

Giuliano Giachino



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